Cinguettio para-sintetico, convulsioni, angeli.
Non ho memoria del peccato originale per cui merito questo contrappasso quotidiano. Da quel che ricordo, sono punizioni sensoriali che mi trascino fin dai primi veicoli personali, quelli giocattolo compresi. Che fosse un finestrino non funzionante, luci non collaborative, manopole con forti desideri di indipendenza, autoradio anarchiche, con ogni carrozza moderna in mio possesso fin dagli albori, ecco un fornito carnet di noie piccole e non abbastanza gravi da ricordarsi di sistemarle il giorno dopo…quelle noie di cui accorgersi solo al successivo penoso ri-affronto, similare a quando con punture di meduse sulle natiche, ecco che ti siedi su una sedia di vimini, completamente dimenticandoti dei regali che quei leggiadri sacchetti placentosi di merda ti hanno fatto dono. Dolore.
Lo scatolotto infame dove va ad inserirsi la cintura della macchina.. invece cosi ligia al suo dovere di salvarmi la pelle tenendomi stretto, continua a lamentarsi come un ossesso…che nel suo linguaggio semplice ma squillante dovrebbe voler dire che non può farmi guidare in pace finché la nobile cintura non è correttamente posizionata per fare il suo lavoro. Nonostante ripetutamente spinga la linguetta metallica al suo interno, anche con veemenza, lo sgraziato canto continua…che a questo punto i dubbi sopraggiungono, sovvengono…“che forse la spinta ritmica gli piace e allora son versi di piacere…o forse…gli sto davvero facendo male, e allora è lì che esprime il suo dolore”
“Biiiiiiiiip!”
Intuitivamente noto che le oscillazioni avanti-dietro tipiche della mia guida rallycentrica fatta di frenate al limite, limiti non sempre rispettati e che non si limita ad una semplice movimentazione da A verso B, visione davvero limitata dell’utilizzo di una vettura, sollecitano lo scatolotto infame ancora più del solito per cui ogni viaggio in automobile, diventa ormai un suo palese tentativo di scatenare importanti nevrosi e lampi di follia nel sottoscritto in cui inveisco contro il mini-cubo di plastica nero con l’accento rosso del bottone del rilascio-cintura che poi, a che serve dico io…mai visto un oggetto inanimato reagire con paura o sgomento a violenze fisiche, bestemmie, impropri, ninna nanne o rosari paleo-cristiani.
“Brutto figlio di puttana stronzo di merda che cazzo ti suoni BASTAAAAAA!”
Forse è il suo essere cosi vivace e squillante che mi fa credere, sbagliando, che sia vivo e potenziale mio nemico o solo, non cattivo ma semplicemente molesto, come può essere un bambino piccolo altrui o un ultras di una squadra di mezza classifica. Come giungiamo a dare connotati umani ad oggetti chiaramente senz’anima, chiaramente non in vita, chiaramente non a base di carbonio e non-dotati di sistemi di respirazione e cervello, chiaramente derivati da materiale plastico vario?
“Brutto bastardo!”
“Biii-Biiiiii-Bi-Biiiiiiiip”
Eppure, deve esserci un’anima in quel piccolo contenitore…e se non anima, dell’odio, infuso nel processo di stampa PVC in quantità incredibile, denso come una singolarità quantistica. La malvagità lo fa procedere tronfio nella sua cantilena, senza rispetto di ritmiche, ottave, metronomi mentali. Non vi è una categorizzazione possibile in stilemi musicali conosciuti che ne so, Drum & Base…Rock…Techno, perché trattasi di un “Biiiiiip” altamente irregolare, incostante, non-tecnico, talvolta spezzettato, aritmico, ipofosiaco, qualsiasi cosa voglia dire, se esiste, il termine.
Un giorno di particolare lucidità sia mentale che meteorologica però, trovo la speranza di una forse meritata, o forse immeritata salvezza e se non salvezza almeno sollievo. Una parziale soluzione con certa musica, non tutta, una in particolare, forse inconsciamente messa apposta su un cd masterizzato anni addietro e denso fino al bordo esterno di scrittura, di mp3 di dubbia omogeneità. Una traccia, la numero 67, come un angelo custode che scende a salvare l’anima persa, una dose di morfina a chi annega nel dolore. Una traccia riprodotta a nemmeno cosi alto volume, incredibilmente con vibrazioni sonore insite che riescono a contrastare tramite risonanza il fischiettio malefico dell’uccel-cubo plastico nero-rosso infilato a destra del mio sedile, che ancor cinguetta bello primaverile senza considerare che MI HA FRACASSATO I COGLIONI, che ancor vocalizza nonostante botte, parolacce in più lingue, scongiuri che a nulla valgono, minacce che nulla possono e che niente fermano. Ma quella traccia, 67, ecco…il dono divino, messa in ripetizione ormai in ogni viaggio, la mia morfina dopo giorni di dolore mentale, annulla come se fosse la sua nemesi, l’odioso cinguettio para-sintetico.
Ma poi la mente, si rivela per la sua reale natura malvagia, auto-sabotatrice, infida. Tra le dolci note a volume impossibile della droga-traccia 67 che si diffonde fuoriuscendo dai finestrini in tutti i paesi in cui passo, cosi squillante da far concorrenza a chi compra rottami e vende verdura, spesso nello stesso camion, ecco che la mente va a ricercare il “Biiiiiip” ormai quasi impercettibile ma che con sforzo masochistico della materia grigia pian piano riemerge. Viene isolato da cerebro tramite ricerca ossessiva e amorale. Più va a fondo nel suo scandagliare le pieghe del suono, più qualcosa rispunta dal Maelstrom di chitarre e tastiere diffuso tra le quattro portiere dell’autovettura. Proprio come una vedetta in cima all’albero maestro e il suo naufrago da trovare nel mare in tempesta…impresa da eroe, di quelle impossibili ed invece eccolo li, piccolo fra le onde il naufrago e giù la scialuppa, uomini andate a prenderlo, tiratelo a bordo, sei redivivo Lazzaro, figlio prediletto tiè, mangiati un po’ di zuppa e beviti del Rum. Strano come il cervello complotti contro di te e come alla fine riesca a salvare quel suono-naufrago circondato da onde-sonore rock che riemerge più forte di prima, con una carica nuova, quando ci sarebbe solo da vederlo affogare con gusto, vederlo sparire per sempre negli abissi, per far dissipare finalmente quella rabbia che mi si costruisce, dentro, ad ogni inesorabile, infinito…
“Biiiiiiiiiip”