TENTATIVO DI USCITA N° 5 – Giulia
Se c’è una cosa che non puoi dimenticarti quando vai in palestra non sono le scarpe, non è l’asciugamano e nemmeno la tessera dell’abbonamento ma il lettore MP3, perché ti salva le orecchie da quella playlist di merda sparata dalle cento casse messe in giro, un’accozzaglia orribile tra dance trash, pop di Tiziano Ferro e Reggaeton.
Sono rientrato in palestra post- quarantena, dopo aver perso 3 mesi di abbonamento chiuso in casa ad ingrassare con pizze, cannelloni e panettoni fuori stagione per l’occasione farciti di mozzarella e prosciutto, che lo zabaione mi veniva male a mangiarlo tutti i giorni. C’è un po’ d’ansia da prestazione: sono single (guarda un po’) ed entro in un posto in cui non conosco nessuno e anche se per colpa del Covid non frequento più tutte quelle zie che mi vogliono assolutamente sposato da almeno 15 anni, l’idea di trovare una ragazza mi stuzzica almeno quanto un arancino ripieno.
Ancora mi ricordo quando mi sono iscritto, a Febbraio, una settimana prima del lockdown. Giulia, così carina, mi propina un abbonamento annuale e io dico si. Anche all’assicurazione dico si. In realtà dico si ad ogni cosa esca dalla sua bocca perché accidenti, è proprio carina. Una settimana dopo tutto chiuso, neanche il tempo di iniziare ed ecco che il destino si intromette a sabotare quel briciolo di forza di volontà trovato a stento nel fondo del barile della mia anima.
Una sola settimana, passata a non capire nulla della scheda fatta dal personal trainer, che visto che non ho le tette riesce a dedicarmi giusto 1 minuto e 20 secondi per spiegarmi 30 esercizi da fare.
“Hai capito Sandro?”
“Mi chiamo Emanuele”
E dire che il nome sulla scheda c’è scritto.
Ma oggi sono di nuovo qui. Do un’occhiata in giro ma non vedo Giulia. In spogliatoio, mentre mi cambio le scarpe, tre ragazzi post-allenamento stanno parlando di…Filologia Medievale girandomi attorno a cazzo di fuori manco fosse un Rolex. Sarà che non trovo il mio cazzo particolarmente attraente ma a me non viene naturale sbattere il pisello ad
altezza occhi alla gente che si allaccia le scarpe. Per sicurezza personale metto subito la mascherina. Quando entro in palestra subito mi chiedo dove siano finiti tutti quei vecchi che monopolizzavano le ellittiche manco fossero cantieri estivi, li fissi a dislocarsi le anche guardando glutei di cemento e gambe dritte come fondamenta di una palazzina. Se i vecchi son spariti, i bicipiti e i culi però ci sono ancora e allora metto in atto la geniale strategia frutto di 3 mesi di pianificazione:
Regola N° 1 (che è anche l’unica regola che hai scritto…e questo sarebbe il tuo piano? Sei un’idiota…) ‘ad ogni affiancamento con qualche ragazza, sorridere e salutare’.
La cosa mi esce talmente innaturale che ogni “Ciao” sembra un colpo di tosse, un suono gutturale, un mezzo rutto cosa che mi rende ancora più sospetto.
E dire che nella mia testa tutto funzionava alla grande, e mentre io non riesco nemmeno a dire una parola senza soffocare, ecco un tizio tatuato alto due metri, che si avvicina ad una e le mette le mani sulle chiappe. “Fallo cosi l’esercizio”
Dai cosi non vale! Io non ho nemmeno il fisico per far finta di saperne qualcosa sul fitness. Anche se ci ho provato eh? In quarantena ho fatto due lezioni a casa ma ho smesso dopo 3 lampadari rotti, 4 dita spaccate sugli spigoli e 35 minuti di proteste della vicina. Così mi dico ‘allena la mente’,
e via di video motivazionali, ebook da 20 euro per 10 pagine di life-coaching, flash mob sulle terrazze, ‘andràtuttobene’ scritto a bomboletta sulla tovaglia ricamata della nonna e per cosa? Mi sembra di essere al punto di partenza.
E dire che le cose grosse dovrebbero aiutarti a dare la svolta. Un’esplosione nucleare, tu che esci vivo da un incidente, una pandemia. Dovresti renderti conto che la vita è incredibilmente breve al punto da spingerti ad urlare contro quei micro-problemi del cazzo dentro la mente, dovresti uscire,
andare in giro come il palestrato di prima a mettere le mani sulle chiappe di chiunque. Andare dal tuo capo, mani sulle chiappe “Voglio l’aumento”. Mani sulle chiappe al carabiniere “Si ok…220
km\h in centro abitato…ma non rompere il cazzo dai”. Al buttafuori della disco…no no…forse a lui meglio di no.
E invece, sono qui da solo su questa Gluteus machine che manco so che cazzo fa mentre tutte queste ragazze sono già circondate da bicipiti tonici e addominali di marmo che sembra la fila al supermercato in periodo Covid
“Due etti di culo sodo grazie”
“Prendi il numero e mettiti in fila stronzo”
Ho il 232.
No niente fila, sapete cosa, me ne torno negli spogliatoi. Appena scendo dalla Gluteus machine un Grizzly largo come un pianoforte a coda ne prende subito possesso.
“Ah è cosi che va usata…”
Dentro lo spogliatoio, cambio scarpe rapido e mascherina su. Manco mi cambio la maglietta perché praticamente son stato dentro 3 minuti ed l’unico esercizio che ho fatto è stato disinfettarmi le mani. Appena esco però mi ritrovo il sorriso di Giulia che mi bussa dal vetro della
segreteria. Sta sorridendo proprio a me. “E grazie al cazzo”, direte voi, “tutte le ragazze che lavorano in palestra sorridono ai clienti”, ma lei no, quel sorriso è proprio per me. Si percepiscono queste cose. Un sorriso cosi contagioso che comincio a sorridere anche io, 12 denti, poi 24, fino ai 36 che non usavo dai tempi del Super Nintendo, Natale 1990. La sento che parla ma non so di cosa. La vista è come annebbiata, vedo solo il suo sorriso e i suoi occhi. Immagino che mi stia parlando di quando mi ha visto per la prima volta, del nostro futuro, di quanto le piacerebbe andare al lago assieme uno di questi giorni…
“…e quindi per questa cosa del Covid ti diamo altri 3 mesi dopo la scadenza
dell’abbonamento…ok?”
“Si” rispondo, qualsiasi cosa abbia detto e ormai convinto di averla ammaliata con il sorriso delle grandi occasioni la saluto e vado verso l’uscita, per una volta contento…almeno finché non mi accorgo di avere ancora su la mascherina.
“Cazzo!”
Andando verso la macchina mi rendo conto di due cose: che la palestra non fa proprio per me, e che continuerò ad andarci. Non certo per condividere attrezzi unti con gente sudata che comunica grugnendo, ma per quei venti metri che separano l’ingresso dalla segreteria, nella speranza di riuscire ad avere un sorriso tutto per me anche domani. Lo so che la mia mente da stasera ricomincerà a pianificare scuse per parlare con Giulia, ad elaborare piani per incontrarla o per farmi notare attraverso quel plexiglass usurato tipo rinnovare l’abbonamento per dieci anni o entrare per complimentarmi per il disco del Festivalbar 93 in filodiffusione quel giorno, ma è questa la realtà: i piccoli problemi, le piccole sfide della vita ritornano sempre anche dopo aver risolto quelle grandi. E con quelli ritornano tutti quei comportamenti che ci condizionano l’esistenza, ci ostacolano.
Sul balcone della casa di fronte al parcheggio, c’è ancora un telo con su scritto ‘Andrà tutto bene’ e mai come adesso, io non so come andrà. Non so nemmeno se qualcosa sia mai davvero andata bene visto che mi ritrovo ancora una volta immerso nelle mie solite paure. Forse però, potrei rientrare in palestra adesso, senza piani, contro natura, contro lo stupido spirito di sopravvivenza dei miei sentimenti.
“Ora entro, e la invito fuori, deciso. Ecco!”
Ho già aperto la porta, ci sono solo 20 metri…15….10…4…basta aprire la porta della segreteria e…”
“Emanuele! Emanuele”, mi sento chiamare, fuoriesco dalla mia immaginazione, di nuovo nella realtà.
“Emanuele!”.
E’ Giulia, mi viene incontro e io vedo tutto come al rallenty, ovattato manco una soap opera argentina scadente con tanto di colonna sonora neomelodica.
“Emanuele…” chiama ancora. Giulia sa il mio
nome e continua a ripeterlo, come fa a conoscerlo?
“Si non me ne vado amore!” penso, ora che il destino ha deciso di dare una svolta alla mia vita, ora che è davanti a me con il suo sorriso…i suoi
occhi.
“Dimmi Giulia…cosa c’è?” quasi tremo dall’emozione…
“Tieni, ti è caduta la tessera”