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TENTATIVO DI USCITA N°1

“Impellente necessità di fare qualcosa di originale, geniale, oltre gli standard comuni, devo scrivere, scrivere, scrivere!”

Era il 24 Marzo, quando ho iniziato la quarantena. Ovviamente non ho scritto un cazzo. Nulla di originale, geniale…e anche l’impellenza ecco, svanita in un paio di sonnacchiosi pigri inutili mal sfruttati pomeriggi, a guardare punti fissi, bagliori filtranti da finestre semi-socchiuse, luce blu di schermi densi di notizie contrastanti, bollettini medici tragici.

Che cazzo ho fatto in 3 settimane? Niente.

Ho letto di più? Quella lista infinita di libri da leggere e che si accresce ad ogni Login su Amazon? No.

Ho studiato? Portato avanti una sola di quelle cose che mi sono autoimposto in uno dei miei ridicoli discorsi allo specchio, riunioni con me stesso, impegni “da domani” ? No.

Mi sono allenato? Visto la montagna di tempo piovuta addosso, proprio tu che ti dicevi convinto “Ah si, se avessi tempo mi allenerei tutto il giorno!” ? Ahahahaha, No.

L’amarerrima verità, che amarissima non rende, è che non ho combinato nulla. Non ho fatto un cazzo. L’aver attaccato a Gennaio un calendario annuale gigante sul muro, cosi da vederlo appena sveglio, cosi da ricordarmi di non sprecare tempo, cosi da darmi un obiettivo quotidiano, è rimasto inosservato per tutti questi mesi. Ci ho scritto qualcosa, era Gennaio, che non capisco nemmeno. Non so leggere la mia grafia.

Quanto l’ho aspettato questo calendario.

Mi ricordo bene quando mi svegliai con L’IDEA “mi serve un calendario!”. Anzi, IL calendario”.

Incredibile che non ci avessi pensato prima, le soluzioni spesso sono cosi semplici, naturali. Anni di sprechi solo perché non avevo lui, IL calendario, gigante,

LA soluzione.

Antenna di merda

L’antenna della Lupo da qualche anno vaga tra un bordo e l’altro del sedile posteriore in balia della gravità…staccata tempo fa vista la moda ‘divertentissima’ dei ragazzi della mia via di fregarsele, le antenne. Non capisco per farci cosa. La mia antenna è un’asta lunga un venti centimetri e molto sottile, con un filo nero che si attorciglia attorno. Vistosa, assomiglia alla bacchetta di un mago malvagio e messa sul tetto,  l’auto sembrava una Gig Nikko radiocomandata…anche se va meno di una Gig Nikko radiocomandata.

Ora, è evidente che nascono problematiche tipo che spesso non prendo le radio che voglio e ci sono intromissioni fastidiose con Ave Marie in mezzo ad un pezzo di David Guetta e il classico rumore bianco e fruscio di vento…a volte faccio strade più lunghe in cui almeno so di aver ricezione che chissà come mai, in questo mondo di ‘stradedrittegallerievelocizzantisvincoliindustrialiadaltoscorrimento’, la mia radio gracchia a profusione con tutta quell’aria attorno contaminata da microonde, raggi X, metano, gas tossici e rifiuti industriali. Funziona bene solo su strade strette, tutte curve e con gli alberi attorno.
Altrettanto evidente però, ma questo l’ho capito con troppo ritardo, è che sono un coglione. Perché, se ci pensate bene…per evitare di farmi fregare l’antenna l’ho staccata e buttata in auto. Questo, equivale a non averla o essersela fatta fregare da qualcuno e quindi, a che serve? Sembra una di quelle scelte di vita che le ragazzine scrivono su Facebook per ricevere compassione da mezzo mondo:

“Per non soffrire non amerò più nessuno”

Ma vai a cagare cretina.

Si capisce che è una stronzata no? Per non rovinare le scarpe non le usi mai…e “se magari quella ragazza non è quello che sembra?” Nemmeno le chiedi il nome. Idiota. Nessuna cosa meritevole in questo mondo è esente da un fattore X di rischio difficilmente quantificabile, una legge universale. Se punti ad una ragazza fidanzata c’è un rischio…se per arrivare su quel monte ti devi arrampicare c’è un rischio…se sei a dieta ma vuoi comunque ordinare quel calzone farcito con polpette e parmigiana capisci che c’è il rischio di continuare ad essere un ciccione…e se vuoi ascoltare la radio senza fare deviazioni di chilometri passando per boschi bui e tempestosi rischi che qualcuno un giorno, decida di volersi grattare la schiena con la tua antenna e te la spazzi dal tetto.

E quindi? Ci sta che le cose non vadano lisce in questa vita del cazzo no?

Ho deciso allora, che oggi rimonterò l’antenna su quel cazzo di tetto. Lunga, vistosa. Magari ci attacco pure una bandiera. E’ un passo in avanti nella vita, una stupida preoccupazione in meno, un’insensata ombra di paura che mi condiziona da togliere dalla lista…ma da domani potrò sentire come va a finire un aneddoto del Trio Medusa senza dover rallentare al curvone che “li la radio non prende”…mentre smanetti come un ossesso su quei pulsantini e manopole come un tecnico del sonar della seconda guerra mondiale rischiando un incidente…vista la zona poi, piena di camion con robe pericolanti sopra mentre tu stai dentro una scatola grande quanto una lavatrice.

E se me la fottono, l’antenna, ne comprerò una da 4.50 da Amazon con spedizione Prime.

Quattroeuroecinquanta di merda.

Non costano nemmeno un cazzo ste stupide antenne, e ci ho pensato solo oggi.

Acqua e Fuoco

Quindi fuori piove mentre alla mia sinistra un muro rosa macchiato bianco in costruzione, consuma scintille di fuoco dall’alto. Un ambiente ampio pieno di scatole scatoloni colonne beige voci e luci al neon, freddo freddissimo perchè sono uscito in maglietta nonostante vento e pioggia, consegno un ticket ad un tizio che mi ricorda un qualcuno che conoscevo ma che non ricordo…bel modo di fare dico, bel coraggio per i pantaloni corti con 5° anche, bel modo di andare in giro in quel dedalo messo al contrario sopra uno di quei muletti rossi più piccoli di quelli grossi e gialli, acceleratore pigiato…si tiene su come un pirata sull’albero maestro e via verso l’orizzonte pieno di pacchi e codici che chissà quali tesori li dentro che mai vedrà e mai riuscirà a toccare.

Sento suoni gutturali, bip di conferma prima che mi porga uno strano aggeggio simile ad un cellulare con uno schermo che lampeggia in attesa di un mio cenno, un segno, un gesto.

Una firma in realtà.

E allora prendo quel pennino ma in quel momento, qualcosa nel mio cervello va in tilt…gli emisferi cozzano e si incrociano i flussi fra gesto e pensiero, il tempo si ferma sospeso in una domanda terribile ma inutile, paralizzante ma stupida.

“Come firmo?”

Momenti

Giornate intere le passo con pensieri fissi, a volte uno solo…e tutto il resto mi scorre a fianco deviando come flussi areodinamici sul paraurti di un auto, scivolano cosi veloci che quasi sembrano linee luminose che si espandono verso la vista periferica. Mi accorgo solo dopo un po’ che non presto attenzione, che non ascolto, che chiedo “Cosa?” per l’ennesima volta, come se avessi tenuto la testa sott’acqua, suoni ovattati. Quando c’è il sole poi, quando sento la pelle che brucia , il pensiero è unico

 “Non manca molto all’estate”

Non ricordo esattamente quando, era tanto tempo fa, forse in prima superiore…la professoressa ci fa scrivere un tema, dobbiamo descrivere noi da grandi e la cosa ci diverte un sacco. Ci mettiamo d’accordo l’un l’altro, ci inseriamo nei vari racconti. Siamo adulti di successo…io scendo da un aereo che ho pure disegnato, salgo su una spider con gli altri, ci andiamo a divertire.

Nessuno che descrive una vita normale, semplice, felice.

Nessuno che ha paura.

E ora eccomi qua. Non ho disegnato aerei, ne automobili…i miei compagni di una volta li vedo pochissimo. Non salgo su spider verso improbabili feste…in realtà sono seduto su un muretto che sta a 3 chilometri da dove vivo e dove sono cresciuto in questi precedenti 33 anni. A volte mi sento tranquillo, altre in ansia, altre solo. A volte mi piace andare in giro ad esplorare i posti con la musica nelle orecchie…altre amo saltare ai concerti con gli amici. Mi manca il mare, sempre. Voglio bene alla mia famiglia ma l’amore che prendo non mi basta mai e se dovessi riscrivere quel tema oggi, se dovessi immaginare di nuovo il me stesso ideale, allora scriverei…

“Mi sveglio. Fuori c’è il mare ed è una bellissima giornata”

Non riesco ancora a pensarmi felice, la felicità è ancora qualcosa di troppo grande e complicato per me, un concetto da chiarire con troppe cose che ancora non comprendo, da quelle molto piccole a quelle molto grandi e quei piccoli momenti di dubbio e panico anche…più di tutti fanno riflettere, quelli.

Dentro la vasca, la mattina quando mi faccio la doccia, ad esempio, c’è un momento in cui ho paura. Soffione in mano e acqua calda che esce e io immobile con qualche motivo dentro che mi impedisce di buttarmela addosso, come se potesse farmi male o darmi fastidio. Succede solo nel mio bagno…non ho nessun problema nei cubicoli o nelle vasche di hotel o di parenti e amici. Un trauma del passato? E’ successo qualcosa? Oppure è solo il ricordo di quella prima volta che hai avuto ‘paura’ di una cosa cosi stupida? Derivato di un derivato? Te che ti fai il bagno nei mari ghiacciati spaventato da dell’acqua calda…cosa ti succede?

Dubbi, piccole cose, momenti scollegati dal continuum spazio temporale che impiego in situazioni inventate assurde, paranoiche e disturbate. Il finestrino destro della Lupo ancora non va quindi immagino che mi fermino lungo la strada, la polizia…e scende l’agente e mi tamburella sul vetro ma ovviamente non posso aprire e quindi io apro la portiera.

Di solito finisce con un agente che mi spara in un giorno di pioggia, autostrada, piazzola, asfalto nero, notte.

Basta poco. Una foto, una frase, un ricordo. Quel che è bello si trasforma, riesci a sabotarti facilmente con il minimo dell’impegno. Sai che soffri il caldo ma ora stai bene, in compagnia di tutti. Ma ne sei sicuro? Perchè forse hai caldo invece, ed inizi a sudare. Com’è possibile se stavo bene due secondi prima?

Ieri, il salone illuminato da luci alle pareti, e vorrei parlare con quella ragazza che balla il tango…bella forse bellissima, maglietta in pizzo e gambe chilometriche seduta con aria malinconica li sulla destra, in mezzo a due donne più vecchie…triste perché tutti danzano e lei no forse, ma questo lo penso io…uno si fa coraggio e la invita e tutto cambia, sorriso e si vede che brucia dentro per il ballo, i capelli neri che quasi si gonfiano.

Vorrei chiederle il nome ma non lo faccio, eppure sarebbe semplice, semplicissimo…anche solo per la scusa di una foto rubata. Avrei dovuto.

Avrei dovuto. Lo so.

 

TrapAdvisor: se l’indirizzo è diverso, allora è una trappola.

Ci ritroviamo in una sottospecie di provincia di Marrakesh ma con più asfalto, gente buttata di fronte a serrande arrugginite e abbassate che si ubriaca…già mi pare di sentire i vicini “Non sono razzista ma…”…vecchie che spiano da fessure alte un millimetro incorniciate da tapparelle blindate di metallo, una stazione poco più in là, parcheggi larghi con macchinacce polverose parcheggiate, alcune senza ruote, altre con specchietti divelti…davanti a noi un cancello e una palazzina anni ’60 squadrata, insulsa, un elenco di nomi sul citofono con settantotto consonanti e due vocali che sembra quasi quel gioco in cui devi trovare le parole con un senso cercandole anche in diagonale…facciata color marronevogliomorire, infissi con sbarre e finestre chiuse, un giardino disseminato di cespugli di rose senza fiori, cipressi, piantacce che se devono dare un’aria migliore proprio non ci riescono, una panchina sgangherata messa di fronte ad un recinto di rete verde stranamente sottile, assolutamente non protettiva, praticamente trasparente.

“Vuoi dirmi che il posto sarebbe questo?”

“Eh…”

Che la chiamata della tipa era sembrata sospetta a pensarci bene

“No ascoltate…ma a voi vi cambia qualcosa se invece che in questa struttura vi mando in un’altra?”

Immagini che le cose non cambino…insomma…prima struttura ben votata su TripAdvisor, stellette, foto colorate di colazioni mirabolanti, arredi giovani, gente che ride manco la pubblicità della Mentadent, il B&B dei sogni ad un buon prezzo.

“Si si…nessun problema” e tu che pensavi di stare a Soho ed invece ti ritrovi nei sobborghi del Queens, per fare un paragone

Entriamo dentro è sembra di stare nel set di Dark Water, un horror giapponese di una ventina di anni fa in cui c’è la gente che muore che ancora mi ricordo quando mia madre entrò in camera, TV e DVD a palla, dicendomi “Ma che porcherie ti guardi” …ma dieci minuti dopo era li con me per vedere come finiva e immaginatevi l’atrio di un edificio abbandonato, in cui nulla entra da decenni, un’aria come di polvere sospesa e grigiume applicato alle pareti con mano abbondante. La nostra stanza è al primo piano…la porta di casa protetta da una grata verniciata di bianco che tanto mi ricorda le prigioni dell’Asinara. Ci apre tale Priscilla che già ci aveva inviato nel pomeriggio un bellissimo messaggio “sodo Priscilla”…immagino volesse scrivere sono…le rispondiamo con un messaggio chiedendo info…non risponde. Una donna bassina Priscilla, sulla cinquantina, occhiaie che arrivano al mento, sguardo tra lo sconforto e il mortificato, pelle in toni di grigio.

“Piacere…Priscilla”

“Vorrei crederci”

“Cosa?”

“Piacere”

Recensioni dispersive: La Bella e la Bestia

Hanno messo il film in tipo 3 sale e forse anche lo sgabuzzino delle scope, che visto il cinema di merda dove lo vedo non sarebbe nemmeno cosi strano…multisala, multipopcorn, cessi, bar, distributore delle patatine, 2 sale serie e le altre 20 con gli schermi da 17 pollici.

In un paio usano anche il tubo catodico.

Ora, il fatto che io non possa vedere “The Red Turtle” perchè la Bella e la Bestia deve stare in mille sale contemporaneamente mi farebbe già incazzare di suo ma va beh, mi tocca andare a vederlo perchè Sorella è dichiaratamente superfan del cartone, tutte le battute a memoria canzoni cantate alla perfezione e io, l’ho costretta a vedere Rogue One, cosi siamo pari.

Scelgo lo spettacolo del lunedi alle 17:10 per evitare frotte di bambini festanti urlanti piangenti anche perchè per domenica e sabato, ad ogni ora e sala, di disponibili c’erano giusto due tappetini del bagno posizionati lateramente in basso con estintore da tenere tra le gambe mentre il lunedi, siamo in 6 in totale nella sala quella grande, sala Giove…ed entro, in perfetto orario, popcorn giant che dovranno consolarmi e produrre endorfine per le prossime due ore.

Frenesia Approssimativoide

“La macchina va a 3 cilindri…”

“Ah perchè…ne ha di più?”

Il mio meccanico crede che faccia il simpatico ma io proprio ne ero convinto che ne avesse solo ‘3’ la Lupo, tanto è piccola, scomoda e lenta e no…

“…no che non me ne sono accorto che andava lenta…fa da zero a cento in meno di mezz’ora e se una macchina è più lunga di un motorino evito il sorpasso…ti pare che mi accorgo che sia lenta?”

Credo sia questione di relatività, come quando stai su un treno e ti sembra comunque fermo, che sia a 60 o 300 km/h.

A lavoro ci vado a piedi dunque, 3 chilometri e qualcosa, strada piacevole nonostante i piloti in zona che non guardano all’interno curva per l’eventuale presenza di esseri viventi, rischio la vita. Sali e scendi continui utili a stimolare il metabolismo, tre-quattro cantieri, un paio di chiese e cimiteri, una pista di kart, del verde.

Prima di uscire, ovviamente già in ritardo, mi assicuro di avere:

– iPod
-Cuffie
-Cazzillo cinese che ricarica cose elettriche

Che sarebbe troppo facile mettere a ricaricare tutto il giorno prima e non all’ultimo momento e quindi prendo ed esco di casa, senza chiavi e mi chiudo la porta alle spalle e faccio un chilometro prima di mettermi le cuffie, forse per godere gli amabili rumori della neo-ferrovia in costruzione o dell’abbaiare inferocito del numero infinito di cani che mi odiano nel vicinato, neanche usassi un deodorante al gusto gatto.

Ci metto 3-4 minuti a riuscire ad infilarle decentemente nel padiglione auricolare destro…queste le vendevano con tipo 30 tipi diversi di padiglioni, forme, dimensioni, colori, materiali…al punto che pure un elefante riuscirebbe ad infilarle eppure, a me cadono comunque. Ho un problema con il mio lato destro, evidente, ma in un qualche modo le faccio stare in equilibrio precario e premo il tasto di accensione, che queste sono wireless e fighe.

E scariche.

“Però hai il cazzillo elettrico cinese” mi dico, “che tu sei uno furbo” mi dico…lo prendo dalla tasca con il ghigno di chi ha davvero capito tutto…“tu si che sei bravo ed intelligente” mi dico e premo anche il pulsantino per provare la carica, 4 led blu su 4 accesi, massima potenza, carica per ore ore ore,” ti ci fai tutta la discografia dei Pink Floyd di fila per 3-4 volte volendo” mi dico, “Yu-Uhhh!!” dico

Il cavo però, “lo hai lasciato a casa” mi dico. Raggelato, panico. Nervoso, ravano per mezz’ora nei 3 centimetri quadrati del mio zaino come se un cavo USB fosse una specie di serpente super-intelligente che passa il tempo a creare piani di fuga e nascondersi.

“Giorno 32 della mia prigionia: stupido umano…ho costruito un gancio utilizzando una graffetta che hai lasciato qui dai tempi delle medie e l’ho legato ad un capello di tua mamma che ho intrecciato con delle fibre prese dalla spallina scucita…ho dovuto solo aspettare che tu ti distraessi per srotolarmi…arrampicarmi fino alla tasca superiore e con un movimento a pendolo, riuscire ad infilare il gancio nella cerniera….incredibile che ci sia riuscito senza braccia e senza pollici opponibili ora che ci penso…ma che importa…Ora sono libero…libero! AHAHAHAHAA”

Cerco in alcuni angoli che a stento ospiterebbero un coriandolo non volendo far morire la speranza per nessun motivo.

Niente.

“Il mio problema non è nemmeno la fretta ma l’approssimazione” penso…non eseguire i giusti step. Non è fretta ma è frenesia…che se anche gli step li fai tutti giusti, in sequenza, seguendo il piano, qualcosa ti dimentichi anche se lo avresti il tempo, per controllare e controllare per bene. Impreciso.

Non si cura la Frenesia Approssimativoide…è genetica e te la porti appresso finchè muori. Significa che preparerai la valigia il giorno stesso della partenza dimenticandoti le cose importanti tipo le mutande, uscirai di casa senza chiavi in tuta e troverai fuori solo mocassini di pelle da infilarti, cercherai notizie su quel concerto che volevi tanto sentire e scoprirai che era giusto ieri ed è stato bellissimo, porterai la macchina a controllare giusto due giorni prima della partenza, con i finestrini che già non vanno e…

“La macchina va a 3 cilindri…”

Chaos al forno (ricetta)

Fagiano pulito e disossato, cipolle, alloro, timo, maggiorana, cognac, olio, sale, pepe, bacche di ginepro, guanciale, panna da cucina, colla di pesce, chiare d’uovo, fettine di prosciutto crudo, insalatina mista, aceto balsamico per servire e condire, far marinare in frigo per almeno 8 ore i pezzi di fagiano spellati con tutti gli odori, sale, pepe, olio e cognac…passate le 8 ore, scolare il fagiano dalla marinata, che farete ridurre su fuoco che, brucia, brucia e brucia e “bruciate! bruciate!” maledetti siano gli dei e i loro idoli di legno e questa aria rovente che se scollego il dire il fare lasciando il mare di mezzo potrei dare un senso ad una primavera calda e soffocante arrivata di colpo, pompa magna, dopo ettolitri di acqua piovana nei giorni passati…quel caldo ti coccola e alle 15:02 ti fa già maledire il mondo moderno fatto di lavori da completare, ufficio, clienti da soddisfare, routine, scrutini, osservanze, tabelle, la noia…ti crea una patina di sonno, la noia… per cui rallenti i movimenti come quegli animali strani e molesti grandi come batteri, resistenti alle bombe atomiche al freddo dello spazio ai malesseri e malattie…piccoli piccoli cosi piccoli che se anche li schiacciassi con la suola delle scarpe non è vero che li hai uccisi, stanno benissimo, piccoli piccoli, una pacchia stanno, piccoli piccoli ridono di te gigante che si crede omnipotente con i deboli, bullo dei batteri…nascosti in qualche intercapedine nella suola perché tu sei limitato da quello che vedi, per te è tutto a dimensione di uomo grande grande ma invece la suola non è piatta ma fatta di asperità microscopiche piccole piccole…per un batterio ci sono montagne al contrario li sotto, Inception, le montagne di gomma che si incontrano con le montagne dell’asfalto, c’è la piana cicca schiacciata e Monte Catrame e Valleverde che più diventa piccolo piccolo il mondo e più si ingigantisce per contro…se tu vedi un filo in lontananza ti sembrerà una linea ma vacci vicino con gli occhi, guardalo in grande grande e lo vedrai che gira e gira, lungo un tondo di stoffa in realtà e sarà rugoso in realtà e la singola ruga sarà ancora più rugosa se ti avvicini in realtà e quindi in realtà scopri che non è cosi reale la tua realtà, quarta dimensione, zoom, microscopio, infinitesimale, nanoparticellare, molecole, atomi, protoni ed elettroni, quark, fisica quantistica per capire che non siamo al centro del mondo in realtà…nemmeno troppo speciali no ma piccoli piccoli, particelle legate assieme, atomi su atomi come un sasso o il batterio o il fagiano disossato o le cipolle, sale, pepe, bacche di ginepro…strano vero? Riscoprirsi piccolissimi quando ci si credeva grandi grandi e importanti importanti e invece impotenti sotto un cielo stellato, contro un leone arrabbiato, un amore perso, l’universo, la morte, le stelle che esplodono o un semplice contatore che salta e buio, elettricità, schermi, lavoro, intrattenimento, altre persone che ci tengono in vita…lontani dalla paura e della solitudine, le cose che ci spaventano e ci fanno sentire abbandonati e confusi nel mondo che credevamo nostro ma forse non è questo il bello della vita?

Sentire per davvero le emozioni che esistono nel mondo che siano brutte o belle, che ci spaventino oppure no, che ci diano vita o ci portino alla morte?

Se non serve a quello avere un cervello, o un anima, o un qualcosa che identifica tutti quegli stimoli elettrici che ci fanno amare o odiare le cose che proviamo…a cosa serve? Filtrare le cose che ci danneggiano sarà forse una cosa davvero giusta? Se stessimo sbagliando? Se non avessimo davvero bisogno di proteggerci da tutto…di rinchiuderci e ingoiare la chiave…di tenere fuori tutto il resto? E se non fossimo davvero cosi piccoli piccoli…se non fosse vero…forse invece siamo esseri pensanti e grandi creatori? Non microbi infinitesimali senza vero scopo forse…ma dobbiamo crederci, crediamoci…dobbiamo esserne coscienti, creare scintille con i nostri mezzi, elevarci, dare importanza al creare il futuro, dominare la terra e l’acqua, stimoli, energia, costruire castelli impensabili nell’aria…

…ma adesso è troppo calda…troppo afosa…troppe radiazioni da questo schermo e ora ho sonno, apatia, primavera calda e soffocante che ci vorrebbe un mare di mezzo in queste giornate in cui mi sento piccolo, spellato con tutti gli odori, scolato dalla marinara, ridotto in tutto questo fuoco, disossato e pulito, aceto balsamico, insalatina mista, fettine di prosciutto crudo, chiare d’uovo, colla di pesce, panna da cucina, guanciale, bacche di ginepro, pepe, sale, olio, cognac, maggiorana, timo, alloro. Cipolle.

Coma meccanico farmacologico

“La tua macchina è morta”

Per quanto inanimato un oggetto sia, sentire questa frase mi ha lasciato un po’…come si può dire…

Cosi.

Non l’ho mai considerata viva e quindi mi disturba doverla considerare morta, forse?

Forse.

“La tua macchina è morta” mi dice la signora delle demolizioni, alta sui 120 centimetri, biondina, pimpante nonostante i 60 passa anni, voce squillante

“Firma qui”

Io firmo lì…l’auto l’hanno già scaricata sul fondo del demolitore, ghiaia per terra, siepi attorno…a vederla in effetti lo sembra morta…o forse è tutto il resto attorno che assomiglia ad un cimitero.

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Ora, non starò a fare il sentimentale con foto della mia auto in giro per il mondo, io che la abbraccio e le passo della pelle di leopardo sulle cromature…che per me l’automobile deve portarmi dal punto A al punto B senza troppi problemi e nemmeno la lavo…non la abbellisco e non me ne frega nulla se addosso ha più ferite di un capodoglio adulto…mi deve essere utile e basta. Però, quando passo di fianco al muro del demolitore in questi giorni, mi piacerebbe sapere se si trova ancora li, se le hanno tolto pezzi, se l’hanno già ridotta ad un soprammobile quadrato da 1500 Kg…d’altronde è la mia prima ‘auto comprata da me’.

La mia auto non era una di quelle che dici “mai dato un problema…sempre andata benissimo” e lasci le chiavi tutto fiero a tuo figlio no, il contrario…non funzionava il cicalino delle luci accese e quindi sono rimasto bloccato due tre volte per batteria non originale cinese after market scadente scarica…e ad una certa velocità faceva dei rumori strani in autostrada, cinghia che strappava, picchiettamento anomalo, rumore rantolo di morte oltre i 110 km/h, insicurezza…e consumava più olio di un McDonald’s di provincia, una tassa precisa e inesorabile.

“Sono un chilo di Castrol, lascio? Son 18 euro”

Poi, un bel giorno d’estate poco prima della meritatissima vacanza, la mollo dal meccanico di fiducia che un altro bel giorno, io spaparanzato al mare fancazzista mi richiama

“Va che ho aperto per fare quei due tre lavoretti che dicevamo ma il motore è da buttare”

“Eh?”

“Si…tipo che mancano 3 millimetri nelle camera del pistone…tutto uno schifo usurato qua non ripartirà mai più…a sostituire il motore o rifarlo spendi più del valore dell’auto”

La abbandono da lui per mesi in una sorta di coma meccanico farmacologico, prima di staccare la spina e demolirla. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso a dirla tutta…comprata strausata da un tizio dall’aspetto poco raccomandabile che viveva con la madre disoccupata, scorpione tatuato lato destro del collo e una tarantola dall’altro, cappellino, strafottenza e una voglia matta di liberarsene e io, da pollo bisognoso di auto, gliela presi a tre tozzi di pane facendo finta di credere che avesse davvero pochi chilometri anche se non ci credeva nessuno. 116.000, probabilmente 4 volte tanto, 6 proprietari chissà perchè, mancavano dei pezzi, anomalie, possibili disastri in ogni angolo di carrozzeria e scocca.

“Va che c’è un tizio che me la voleva comprare e viene dalla Francia” mi dice il tizio

“Si certo…l’hai notato si…che il lato sinistro del sedile è rattoppato con un pezzo di stoffa vero?”

“Appena revisionata e sistemata poi…”

“Ok…ma sul cofano ha tre solchi come se fosse finita sotto ad un autorimorchio…oppure hai investito un velociraptor incazzato?”

“Senti…se mi dai 3 tozzi di pane io posso comprare la Smart dei miei sogni e siamo tutti felici” mi dice.

Quando torno con i soldi me la tira fuori dal garage e la Smart c’è già, li fuori, impianto audio a manetta, cerchi stile cestello della lavatrice nuovo di zecca con 2 mm di gomma attorno, attaccata a terra come quei robot rotondi che ti puliscono per casa che accidenti continuo a chiedermi come ci arrivino agli angoli fatti in quel modo quando io, con l’aspirapolvere nonplusultra se nelle fessure non infilo il bocchettone sui singoli granelli come un ricercatore oncologico in laboratorio non aspiro un cazzo.

Misteri della scienza.

Al tizio, che per motivi di privacy chiamerò Richard ma che in realtà si chiama proprio Richard, chiedo pure i dati per cose tipo dichiarazioni e fogliacci vari per cazzi miei burocratico-finanziari, due cazzate, una firma, una data, gli dico pure che ho già compilato tutto io e che se non sa scrivere può farmi una X ma “Non ho il codice fiscale” mi dice “va bene” gli dico “facciamo che quando torno a casa poi mi dai i dati cosi finisco di compilare il foglio” e di colpo tutto va bene e tutti sorridono e lui ha i soldi e io ho un rottame motorizzato e lui parte sgommando con la Smart e Gigidag che pompa nelle casse che occupano i 3 centimetri quadrati del microbaule  e io torno a casa con i due centilitri di benzina che mi ha lasciato dentro buoni giusto per arrivare al primo distributore e quando arrivo gli scrivo e gli chiedo i dati e lui…

“Io non do i miei dati a chiunque bello” con quella cazzo di foto su Whatssapp tra l’orrido e il tamarro e a quel punto uno si immagina un mio twist violento con minacce di pestaggi o di chiamare l’avvocato che tu non sai chi sono io o anche ipotesi ficcanti tipo che sua madre sia troia e lo dimostra a tutta la provincia la sera sulla tangenziale in minigonna tra i camionisti bulgari ma invece sto calmo…e tra me e me penso che “visto che fai cosi…bello…recupero tutti i tuoi dati tramite triangolazioni di quello che so di te e in cinque minuti San Internet mi da la risposta”

Sette minuti dopo avevo il foglio compilato. Bello.

Quello che il buon Richard non sa però, è che poi il codice fiscale suo vero autentico stampato plastificato che quel giorno non aveva, l’ho trovato io, settimane dopo…non so come si era dimenticato la tessera e altri suoi documenti personali, spero importanti o vitali per impedire il suo internamento in una qualche struttura o prigione, all’interno della macchina…spuntati fuori mentre smanettavo nel marasma dell’impianto audio che aveva messo dentro tra fili technicolor e connettori cinesi.

Li ho lasciati li, nel portaoggetti, per mesi, fino al giorno della demolizione. Poi li ho presi, fatti a pezzi e infilati per bene negli antri oscuri e profondi del cruscotto della mia auto, in attesa di demolizione insieme a scorpioni e tarantole.

Bello.

Il triangolo

 

Avete presente quella sensazione quando ti risvegli con a fianco la donna che ami, nell’aria un sottile ma penetrante odore di caffè e di casa accogliente, la luce che entra da una finestra grande e luminosa…con la coda dell’occhio vedi una tenda bianca che si muove leggermente, vento caldo estivo…

Io no.

Sul soffitto ho tre macchie.

La grandezza è variabile…dipende dalla percentuale di umidità che di solito sta tra il 70 e il 99%, giungla tropicale, Kuala Lumpur. Deve essere per la lavanderia a gettoni cinese che sta sotto il mio appartamento. Sopra non so cosa ci sia.

Avere solo tre macchie è un problema su un soffitto…se unisci i punti esce sempre e solo un triangolo, spesso scaleno. Avere solo tre macchie significa non poter trovare un corrispettivo astrale…ho amici disoccupati e poveri come me che almeno si ritrovano l’orsa maggiore e Cassiopea, altri la galassia di Andromeda quando le macchie si evolvono in muffa. Quelli fortunati con una lampadina ad incandescenza simulano interi sistemi solari.

Betelgeususe, Rigel.

Non posso nemmeno vederci Madonne o Gesù…o altre divinità. Non posso sperare in improbabili messaggi divini con solo tre macchie.

“Neanche un carattere cinese”

Solo un triangolo. Un triangolo.

Che se ci infilo in mezzo un occhio forse però, potrei vederci Dio. 

Chiudo gli occhi, nel mio primo giorno da nuovamente disoccupato passato nel mio letto sfatto da settimane e immagino Dio, con la piramide dorata di Giza in testa, circondato di luce…al neon. Sta seduto in ufficio, una scrivania enorme alta almeno 7000 piedi. Sembra rovere ma di sicuro sarà un qualche tipo di impiallacciato. Moquette verde, cheap.

Allunga la mano sulla scrivania adesso, e tira su la cornetta di un telefono grande come dieci campi da calcio.

“Pronto?” risponde

“Si salve…cercavo Giulia…è in casa? Non mi risponde sul cell…”

“Ciao Franco…no mi dispiace hai sbagliato numero…è comunque un piacere sentirti”

“Eh…no ma scusa…chi sei?”

“Oh perdonami…mi presento…sono Dio”

“Cosa?”

“Sono Dio”

“Che nervi quelli che fanno i simpatici…”

” Te lo assicuro Franco…sono Dio…proprio quello che vede tutto e sa tutto di cui parlate sempre dalle vostre parti. Ah! A proposito…Giulia non rientra prima di sera…al momento sta inventando una scusa plausibile per il ritardo visto che si è trattenuta fino alle 4 con Andrea…quello che gli sta sistemando gli infissi da circa due mesi…quello che ti sta pure simpatico”

“Fanculo dimmi chi sei…adesso mi stai rompendo i coglioni con questo scherzo…sei Filippo vero? Passami tua sorella e basta con questa storia altrimenti vengo a prenderti a casa e ti stempio l’attaccatura del culo a calci”

“A 16 anni mentre eri in giro con i tuoi amici te la sei fatta addosso e hai finto una chiamata d’urgenza dall’ospedale per un incidente con la moto di tuo cugino Ottavio per poter scappare in fretta a casa…e no…nessuno ha sospettato…so che hai passato mesi in imbarazzo con l’idea che l’avessero capito tutti. L’ha capito solo il senzatetto sdraiato sulla panchina della stazione…”

“Oh cazzo…”

“Eh già…”

“Però scusa…non capisco più un cazzo…assumiamo per assurdo che tu sia realmente Dio…perché Dio ha un telefono?”

“Lavoro fino al 5137…poi entra Rumus…il mio collega”

“Rumus? E che vuol dire 5137…”

“Significa che mi levo dal cazzo e vado a casa…in realtà quelli della nebulosa d’andromeda e testa di cavallo mi hanno invitato fuori per un aperitivo ma non ci vado…oh cazzo arriva il capo aspetta…si si capisco…è un problema risaputo quello di Giove ma è risolvibile con un po’ di manutenzione straordinaria…colpa del vento solare sa…inoltro subito la richiesta d’assistenza…ma si figuri…è un nostro dovere…”

Il capo di Dio, un tipo alto con una bella giacca di taglio sportivo e milioni di stelle luminose cucite sopra da un’occhiata alla scrivania di Dio, passo leggero e mani dietro la schiena. Ha una barba curatissima con un infinità di nodi che partono dal pizzetto e proseguono quasi fino a terra. Si ferma qualche istante, sguardo curioso ma bonario, poi passa oltre. Dio aspetta qualche istante, con la coda dell’occhio vede il capo che va verso un’altra postazione quindi riattacca a parlare al telefono.

“Rieccomi scusa”

“Si…scusa ma non riesco a capire…andare a casa…colleghi…ma cosa cazzo sta succedendo…e soprattutto…perché il coglione che si sta fondendo il cervello per capire devo essere io che è già una giornata di merda?”

“Beh hai sbagliato numero…a volte capita…è colpa di quelli che non resettano il centralino quando manca la luce…succede spesso ultimamente…questi generatori stellari sono potenti ma poco affidabili…guarda…non dovrei farlo…ma per agevolarti il compito visto che stai sovraccaricando il tuo sistema neurale ti spiego. Io lavoro per il centro d’assistenza della via Lattea…divisione Sistema solare e nebulosa di Oort. Sai…per gli asteroidi e le comete…”

“Centro assistenza di che? Ma tu non dovresti essere il tizio con la barba con i fulmini e cazzate varie?”

“Si anche…vuoi un fulmine? Ci metto poco! Per fartela semplice il sistema solare è un meccanismo complesso e capita che a volte qualcosa si rompa…cosi chiamano il call center e io aiuto nell’assistenza…questi scienziati sono dei veri rompipalle”

“Scienziati? Come scienziati…mi sta dicendo che siamo tipo ratti da laboratorio?”

“No…direi umani da laboratorio ma lasciamo perdere…rischio il posto e tu rischi di beccarti un fulmine…che pensi…che possiamo lasciar correre troppo la gente che scopre qualcosa? Finchè lo puoi far sembrare pazzo è roba facile…se no sei costretto a mandargli addosso le peggiori sfighe della vita…in casi estremi un divino contatto con un camion a 120 all’ora o un fulmine che se non ti uccide la prima volta lo fa la seconda…a proposito…il vostro proverbio è una cazzata…sai quello del fulmine…”

“Ehy piano piano…guarda che io sto zitto…io faccio la mia vita…lavoro dal mattino alla sera…poi esco con quella vacca della Giulia che Dio la strafulmini insieme al vetraio….risparmio per un cesso di monolocale in periferia insomma…mica ho voglia di fare il profeta nella vita e non ho voglia di morire a 25 anni cazzo…”

“Stai tranquillo sta tranquillo…il tuo profilo psicologico è nella norma…sto controllando adesso…a te passa solo la dose di sfiga standard e una vita 50% – 50% senza eccessi”

“Senza eccessi? Che vuol dire…che se volessi fare qualcosa di figo nella vita non posso?”

“No”

“Perchè?”

“La tabella parla chiaro…hai un chip standard di classe media…le potenzialità son quelle…forse giusto con qualche upgrade potresti aprire una bottega artigianale…”

“E i sogni e le ambizioni?”

“Ma i sogni li mettiamo a tutti…ne abbiamo tre milioni circa divisi in cinque categorie…se no vi ammazzereste a 12 anni”

Momenti di silenzio dal vago gusto di rassegnazione dall’altro capo del telefono.

“Ma se sapete tutto di tutti e balle varie…perchè a comandare ci mettete i deficienti…i coglioni hanno la patente e quelle che ti piacciono non te la danno? Ci vuole tanto farci vivere dignitosamente e felici senza farci sputare sangue?”

“Bhe te l’ho detto…qui comandano gli scienziati che hanno comprato il pacchetto…sicuramente stanno testando qualcosa di psicologico nell’ambito delle colture umane…o magari si divertono un mondo a farvi uscire di testa…a scannarvi l’uno con l’altro e distruggere il pianeta”

“Culture…”

“Colture è giusto…fidati.”

“Mi stai dicendo che in pratica siamo solo un esperimento?”

“Il succo è quello ma non lamentarti…dovresti vedere come sono messi su Alpha Centauri…li gli esseri viventi sono dei sassi che però hanno il cervello e credono di avere le braccia e le gambe oltre che la bocca e si lamentano di continuo perché non riescono a camminare e poi fa caldissimo…e ovviamente parlano e si lamentano con gli altri sassi…che possono sentire…ma siccome nessuno può parlare c’è un gran silenzio in un posto in cui tutti urlano”

“E io credevo che Dio fosse buono…”

“Dio prende una miseria per un lavoro di merda…fattene una ragione”

“Ah già scusa…dimenticavo che sei un dipendente….il capo chi è?”

“E’ complicato”

“Spiegamelo”

“Hai presente lo spirito santo…il figlio e cosi via? E’ la stessa cosa ma invece di ragionare astratto fai conto che sia una persona fatta di duecento persone…un giapponese…una cinese…un colombiano gay e cosi via. E’ il tipico manager intergalattico scontroso ma amabile…possente come un buco nero ma anche leggero come un tachione…un gran figo ma anche un enorme rompicoglioni. Per fortuna che per la Privacy non può praticare l’omniscienza in ufficio…altrimenti sarei già stato licenziato da un bel pezzo”

“Ma se…..

La telefonata diventa di colpo più distante e fumosa, la luce al neon quasi si spegne mentre la scena si deforma e si allontana.

Mi risveglio che sono passate due ore…metto a fuoco sul soffitto verso le tre macchie.

“Forse provo con un call center” dico ad alta voce, verso quel triangolo.

In mezzo mi sembra di vederci un occhio.